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FAGUS SYLVATICA 1981-2021. Odissea di un faggio chiamato “ZAMPA D’ELEFANTE”.
FAGUS SYLVATICA 1981-2021. Odissea di un faggio chiamato “ZAMPA D’ELEFANTE”.
FAGUS SYLVATICA 1981-2021. Odissea di un faggio chiamato “ZAMPA D’ELEFANTE”.
STORIA DI UN FAGGIO PARTICOLARE
NEWS DAL WEB di ARMANDO DAL COL
Pino mugo uscito dal coma dopo sei anni, modellato come un “Trophaeum Cervidae”.
Pino mugo uscito dal coma dopo sei anni, modellato come un “Trophaeum Cervidae”.
A cura di Armando e Haina Dal Col.
Questo pino mugo lo raccolsi nella primavera del 2013, ma poiché non era molto in forma non avevo la certezza di poterlo salvare, ma la speranza è l’ultima a morire!
La pianta presentava tre rami vivi con dei rametti morti, dovuti sicuramente alle sue condizioni di vita. Naturalmente utilizzai degli ormoni radicanti liquidi che iniettai alla base delle radici, con l’intento di far sviluppare nuovi capillari; oltre a questi, immersi la pianta in una tinozza con acidi umici fulvici disciolti nell’acqua, riutilizzandoli successivamente per altre piante; il mugo lo trasferii in un vaso di coltivazione con pomice pura.
Passata l’estate dello stesso anno, il ramo apicale più importante cominciava a perdere vigore, e con l’arrivo della primavera successiva cessò di vivere! Amarezze e delusioni sono sempre presenti, ma questo non ci deve scoraggiare; infatti, il pino mugo aveva ancora due rami vivi! ma le gemme apicali di entrambi rimanevano inattive; il pino mugo era entrato in coma!
L’anno successivo, e siamo nel 2015, anche il secondo ramo apicale a poco a poco esaurì le forze che non gli permisero di superare l’estate, e anche questo ramo si seccò.
Ormai il pino mugo conservava il solo ramo basso con una biforcazione iniziale e con pochissima vegetazione per niente vigorosa, comunque se pur malconcio superò l’inverno mantenendo gli aghi verdi.
Quando ne parlai al Dr Simone Barani della Geosism, inviandogli anche delle foto per monitorare la situazione del pino mugo, si offrì di regalarmi una boccetta di micorrize da somministrare all’apparato radicale della pianta, che applicai subito nella primavera del 2016 al ritorno di Arco Bonsai, per ripeterla in autunno. Nell’occasione, rimossi il pino mugo dal vaso per poter ricontrollare l’apparato radicale, liberandolo parzialmente dalla pomice, nebulizzando le micorrize direttamente a contatto delle poche radici rimaste vive. Nel rinvaso del pino mugo, aggiunsi un 30% di zeolite miscelandola alla stessa pomice. Al risveglio della primavera del 2017, la pianta con l’unico ramo rimasto vivo era sempre nelle stesse condizioni. Continuai a somministrare le micorrize nel substrato, un paio di volte in primavera e un’altra in autunno, sperando in una sua ripresa. Riuscì a superare l’estate, anche se le gemme apicali non avevano energie per svilupparsi. La maggiore difficoltà che incontrava il pino mugo era quella di far asciugare le radici!
Con l’arrivo della primavera 2018, la situazione non era cambiata; gli aghi apicali che formano una specie di rosetta continuavano comunque a essere verdi, e con l’arrivo dell’autunno gli aghi erano diventati turgidi e di un bel colore verde, era un segno di incoraggiamento.
Le caratteristiche principali della pianta al momento, erano stranamente i rami morti -volutamente lasciati-, poichè la mia idea fu quella di creare una scultura vivente, identificabile con un trofeo di un austero maschio di cervo.
Siamo nel mese di gennaio 2019; le temperature sono scese di alcuni gradi sotto lo zero. Bagnai abbondantemente il substrato del pino mugo affinchè gelasse completamente, questo per poter operare con le frese elettriche. Le basse temperature avevano creato un blocco unico del substrato, ciò mi ha permesso di privare tronco e rami morti della corteccia, evitando così di creare delle vibrazioni che avrebbero potuto danneggiare i delicati capillari. Questo è stato possibile anche grazie al prezioso aiuto di mia moglie Haina, e sulle parti più difficili siamo ricorsi all’ausilio di bisturi e coltelli. Dopo la modellatura parziale, è stato applicato il liquido di polisolfuro di calcio per jin, al fine di rendere più drammatica la parte scultorea, e com’era nelle mie intenzioni, ho cercato di simulare con il tronco morto e i rami denudati, l’immagine virtuale del trofeo di un vecchio maschio di cervo!
Le somministrazioni annuali delle micorrize in questi due anni, con l’aggiunta di acidi umici liquidi, hanno aiutato a mantenere gli aghi turgidi, ma sarà solo con la stagione vegetativa del 2019 che si avrà la certezza di vedere se la pianta ce la farà a sviluppare le gemme apicali.
Marzo 2019, malgrado la stagione invernale sia trascorsa con temperature “del Mezzogiorno”, il pino mugo ha ancora le gemme apicali ferme. Ciò nonostante decisi di rinvasare la pianta in un contenitore più “accattivante” rispetto a quello di plastica. Questo ci permise di controllare tutte le esigue radici, sottilissime ma comunque vitali. Certamente l’abbondanza di zeolite di sottile granulometria aggiunta al substrato aveva condizionato uno sviluppo di radici sottili, ma ora nel fondo del nuovo vaso dove poggeranno le radici, ho inserito della pomice micorizzata di granulometria superiore, tenuta separata dai precedenti rinvasi di conifere. Quando le radici si svilupperanno nel corso della stagione vegetativa, aumenteranno sicuramente il loro spessore.
Nel togliere tutto il substrato dalle radici del pino mugo, ho potuto perfezionare anche la base del tronco, prima completamente immersa nel terriccio. Questo mi ha permesso di ridurre parte dei monconi delle vecchie radici primitive ormai morte, facilitando l’inserimento della pianta nel pregevole vaso artigianale “Fior di loto”, creato anni fa da Mario Remeggio.
Fu solo con l’inizio del mese di maggio che le gemme apicali iniziarono a gonfiarsi, era il segno tanto atteso, desiderato e sperato, anche se in realtà, le candele a fine mese erano rimaste tali e quali. Le alte temperature estive avevano raggiunto i 35, 38° gradi di caldo durante il giorno, ciò nonostante gli aghi e le gemme della pianta continuavano a rimanere vitali. Fortunatamente, osservando le gemme apicali dei rametti vivi, evidenziano una discreta vigoria, e con le due immagini del 12 luglio, si notano bene le nuove gemme apicali ben distinte e lucide. Certamente non bisogna abbassare la guardia, saranno necessari ancora due tre anni di coltivazione mirata per avere l’infittimento di nuove gemme nei rametti secondari e terziari, raggiungendo l’immagine di una pianta sana e vigorosa come un Bonsai di altissimo livello artistico.
Ritornando sulle condizioni di vita di questa pianta dopo il periodo estivo del 2019, Il pino mugo, in un flebile palpito di vita, sembrava essere uscito finalmente dal coma, dopo ben sei anni di morte apparente!
Nel mese di luglio del 2021, rami e rametti del pino mugo sono sempre più vigorosi, in forte contrasto con le parti morte di questo “Trofeus Cervide”!
La sequenza delle immagini, sarà maggiore durante i due anni in cui sono state somministrate le micorrize con l’aggiunta della zeolite, questo per monitorare i possibili sviluppi positivi.
Enjoy!
La vegetazione è scarna in tutti e due i rami vivi. Ho preferito lasciare i rami morti abbastanza lunghi, poiché avrei intenzione di modellarli come un trofeo di un cervo adulto. Aprile 2017, la situazione non è cambiata, le gemme apicali non hanno la forza di svilupparsi. Primo piano delle gemme (candele) dal colore “spento”. Solo il ramo basso è rimasto vivo. Gennaio 2019, il recupero della pianta non è ancora , il pino mugo sta affrontando il sesto anno di morte apparente. Splendido cervo maschio con il suo impeccabile trofeo. Le temperature di questa prima settimana di gennaio sono state sotto lo zero, così il substrato della pianta si è gelato. . Era il momento atteso. Con il terriccio gelato posso tranquillamente scortecciare tronco e rami con le frese elettriche. . Si inizia lo scortecciamento dei rami e rametti con la fresa elettrica. Le vibrazioni ai capillari sono nulle, in quanto tutto il substrato è gelato. . Non è semplice togliere la corteccia ai rametti sottili poiché sono secchi, diversamente sarebbe stato se fossero vivi! . Haina interviene con bisturi e coltelli per togliere le tracce di corteccia nei punti difficili da raggiungere con le frese. . La scultura pensata sta prendendo forma, e alcune tracce di pseudo corteccia sono state volutamente lasciate per creare un effetto maculato. Haina continua a eliminare delle tracce di corteccia nei punti difficili da raggiungere con le frese elettriche. . Intervengo per verificare lo stadio di rimozione della corteccia. . Raccomando ad Haina di lasciare alcune tracce di pseudo corteccia. . Sollevo la pianta togliendola dal vaso per scuotere i residui della polvere di segatura. Come si può constatare, il substrato è un blocco unico; questo ne ha acconsentito l’uso delle frese elettriche senza creare vibrazioni alle radici sottili. . Sarà interessante verificare lo stato effettivo delle radici attive quando farò il rinvaso vero e proprio con il contenitore adatto. Terminata la modellatura delle parti morte, si è passati a una bella doccia della pianta per togliere tutti i residui della segatura prodotta dalle frese elettriche. Dopo la rimozione della segatura e fatta una bella doccia al pino mugo, è stato applicato il liquido per jin a base di polisolfuro di calce per creare un effetto osseo alle parti morte. . Tronco, rami e rametti hanno assunto le sembianze di un trofeo di cervo maschio dominante nel gruppo, com’era nel mio progetto mentale. Anche le tracce di pseudo corteccia volutamente lasciate creano un effetto maculato più realistico. . Il trofeo del cervo si erge imponente sopra la ramificazione esile del pino mugo, la quale verrà modellata creando un piccolo triangolo scaleno che potrebbe simulare la “testa” del cervo. . Ramo e rametti secondari sono stati modellati parzialmente, e compattati in un triangolo contenuto, dove si erge maestoso il “Trofeo” Cervo nobile (Elaphus) dal mantello rosso. Maschio di cervo dominante con il suo impeccabile trofeo annuale. C’è una certa rassomiglianza del trofeo del cervo con le parti morte modellate del pino mugo. . Marzo 2019, è giunto il momento del rinvaso. . Dopo le somministrazioni semestrali delle micorrize e acidi umici, sono apparsi “timidamente” alcuni filamenti del micelio fra le radici del pino mugo. . Le sottili radici sono parzialmente intrise del prezioso micelio. . Si è reso necessario togliere la parte putrefatta alla base della grossa radice primaria, la quale aveva causato la “morte apparente” della pianta. Tentativo di inserimento del pino mugo in una pietra artistica; rivelatasi purtroppo poco adatta per mancanza di spazio. . Questo pregevole vaso artigianale “Fior di loto” ci convinse di più, ed anche il “trofeo del cervo” esprime la sua potenza. Purtroppo le gemme apicali non danno ancora segni di vita. Sul fondo del vaso è stata messa della pomice leggermente micorizzata, recuperata da un rinvaso di conifera. Rinvaso portato a termine con l’aggiunta di zeolite. Da come si può notare dall’immagine, le gemme apicali dei rametti sono “spente”, ma gli aghi sono abbastanza turgidi. Pino mugo “trofeus cervide” fotografato sul bancale di esposizione. I prossimi mesi saranno determinanti per assistere allo sviluppo delle candele ancora chiuse. . Maggio 2019, le candele apicali si sono parzialmente gonfiate. Giugno 2019, le candele sono decisamente verdi, e già si è formata la gemmina di riserva all’apice delle candele. Ora il pino mugo deve affrontare i mesi estivi, ancora una durissima prova! . Pino mugo “Trofeus Cervide”; il nome è certamente insolito attribuito a una pianta, ma la ramificazione morta e modellata la riconduce alle sembianze di un trofeo del Cervo nobile. . 12 Luglio 2019, l’aspetto attuale del pino mugo è incoraggiante. Primo piano di alcune gemme di rinnovo del pino mugo; la pianta dopo sei anni di sofferenze estreme sta uscendo dal coma! Certamente la vegetazione è ancora scarna, ma comunque vitale. Sarà determinante attendere le prossime primavere per vedere se il pino mugo manterrà questa vitalità conquistata. Maggio 2020, il pino mugo ce l’ha fatta a superare anche questo inverno, dopo essere uscito dal coma la scorsa estate, durato ben sei anni. Le candeline non sono eccessivamente vigorose, ma all’interno di esse si è già formata la gemma di riserva. Questo fa ben sperare in un suo sviluppo vegetativo, anche se ci vorranno ancora un paio d’anni prima che la pianta assuma una buona vitalità nell’area verde. Pino mugo “Trofeus Cervide”; il nome è certamente insolito attribuito a una pianta, ma la ramificazione morta e modellata la riconduce alle sembianze di un trofeo del Cervo nobile. Splendido cervo maschio con il suo impeccabile trofeo. Il trofeo del pino mugo. 6 Maggio 2021, le candeline del pino mugo sono gonfie e vitali, e già in alcune zone dei rametti si sono sviluppate nuove gemme. La vegetazione del pino mugo è ancora scarna, ma vitale. Pino mugo “Trofeus Cervide”. La dura sfida della conquista alla vita è stata vinta, e questo ci ha condizionato entrambi, in un perfetto connubio psico emotivo. 2 Agosto 2021, il pino mugo Trophaeum Cervidae si è consolidato, assumendo un aspetto molto gradevole. il mio logo firmato.
https://youtu.be/mgTHG2yxCAI
SPECCHIO
Ed ecco sul tronco
si rompono le gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.
Di Salvatore Quasimodo
MIRROR
And here on the trunk
gems break:
a newer green than grass
that the heart rests:
the trunk seemed already dead,
folded over the botro.
And everything tastes like a miracle to me;
and they are that cloud water
which today reflects in the ditches
his piece of sky bluer,
that green that breaks the skin
who wasn’t there even tonight.
by Salvatore Quasimodo
L’INCREDIBILE EVOLUZIONE DI UN CORNIOLO
SPECCHIO
Ed ecco sul tronco
si rompono le gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.
Di Salvatore Quasimodo
MIRROR
And here on the trunk
gems break:
a newer green than grass
that the heart rests:
the trunk seemed already dead,
folded over the botro.
And everything tastes like a miracle to me;
and they are that cloud water
which today reflects in the ditches
his piece of sky bluer,
that green that breaks the skin
who wasn’t there even tonight.
by Salvatore Quasimodo
Traduzione dal certificato- pergamena datami in lingua giapponese.
Traduzione dal certificato- pergamena datami in lingua giapponese.
Faggio di Armando Dal Col ITALY. Premio Eccellenza! Illuminato!
L’Italia è grande. L’organizzazione della Japan Bonsai Association Kukai ha esposto alla mostra mondiale Bonsai Mizuishi il tuo Faggio; ha aggiunto brillantezza a questa mostra con questa pianta eccellente,
quindi mi illumino!
Esposto alla mostra Bonsai JAPAN NIHONBON il 27 aprile 1986. Giudizio dei Maestri: Eccellente! Illuminato!
Shuitsu-sho, Armand Dal Col Italy, Dolomiti.
27 Aprile 1986, Nippon Bonsai Association.
1970-2020. LA STORIA DEL FAGGIO PATRIARCA.
IL VIDEO DEL FAGGIO PATRIARCA.
L’INCREDIBILE EVOLUZIONE DI UN CEPPO DI CORNIOLO, CONSIDERATO IL MIGLIORE BONSAI D’EUROPA.
L’INCREDIBILE EVOLUZIONE DI UN CEPPO DI CORNIOLO, CONSIDERATO IL MIGLIORE BONSAI D’EUROPA.
CORNUS MAS (CORNIOLO) BREVE DESCRIZIONE E SCHEDA TECNICA
Testo e foto di Armando e Haina Dal Col
Il Corniolo è un alberello dal piacevole aspetto che può raggiungere i 4-7 m di altezza. Ha il pregio di fiorire prestissimo coprendo i rami ancora spogli con una miriade di fiorellini gialli, e grazie a questa sua caratteristica, è facilmente individuabile anche da lontano fra la macchia arbustiva, altrimenti più difficile da riconoscere per chi non ha una certa conoscenza delle piante. Colonizza i boschi di pianura e di collina dell’Italia centrale e settentrionale, privilegiando le zone calcaree dell’Europa centrale e sud-orientale. Prospera bene su terreni sciolti, argillosi e moderatamente umidi. Il legno del corniolo è molto duro, difficile da piegare.
Le foglie sono caduche, opposte a due a due ai nodi dei rami, di forma ellittico-ovale con apice molto acuminato, lunghe 5-7 cm con margine intero e superficie lievemente tomentosa.
I fiori, di colore giallo oro, hanno 4 petali e sono riuniti in corimbi semplici, cinti da 4 brattee molto più brevi e di colore giallo-verdognolo; sono opposti e inseriti lungo i rami, e compaiono molto precocemente prima dell’emissione delle foglie, già in febbraio-marzo.
Il frutto è una drupa ovale di colore rosso brillante, lunga fino a due cm, edule, astringente e leggermente acidula anche a maturità raggiunta, ma veramente buona quando cade naturalmente dai rami. Il frutto è provvisto di un lungo picciolo simile alle ciliegie.
Il Corniolo fa parte di quelle specie arboree a lento sviluppo, raggiungendo età plurisecolari. In esemplari annosi, il tronco appare nodoso e talvolta gibboso, con la corteccia che tendo a sfaldarsi, mettendo a nudo ampie chiazze. La difficoltà maggiore che incontra il corniolo, sta nello sviluppare un singolo tronco, robusto e con ramificazioni basse; infatti, predilige forme arbustive piuttosto disordinate.
Il suo legno è durissimo, e come dice un vecchio detto bellunese: “Te se duro come an Cornoler”, per indicare una persona dura di comprensione!
POTATURA DEI RAMI E DEI GERMOGLI.
La potatura dei rami di formazione alla struttura dell’albero, andrebbe eseguita subito dopo la fioritura, accorciando le branche in relazione al disegno programmato.
Potare i germogli che si sono allungati a fine maggio aumentando il numero dei rametti secondari e terziari, lasciando due-tre coppie di gemme in ognuno di loro. I rametti lasciati corti lignificheranno velocemente, e già in luglio-agosto inizieranno a formarsi le gemme da fiore. Se necessario, a fine settembre si procederà a un’ulteriore potatura dei germogli. Andranno eliminati, nel frattempo, i succhioni al loro apparire, poiché sottraggono molte energie alla pianta. I succhioni, infatti, si sviluppano vigorosi in verticale, e non portano gemme da fiore, per cui possono essere considerati dei parassiti vegetali. Naturalmente, se la base del tronco non è abbastanza robusta, e la prima parte del tronco è cilindrica o poco conica, si lasceranno crescere due tre succhioni che crescono alla base del tronco, ciò faciliterà un ingrossamento del tronco e, una volta raggiunta la conicità desiderata andranno eliminati.
Ed ora una sequenza di immagini di questo secolare corniolo, dopo essere stato espiantato dal luogo di crescita nel marzo del 1992, fino al suo massimo splendore visto nella primavera del 2018, per rivederlo nell’estate del 2020. Lo seguiremo negli anni nella sua lenta evoluzione, documentata dagli ennesimi rinvasi, fino all’ultimo rinvaso effettuato in febbraio del 2018, trasferendolo in un pregevole vaso artigianale smaltato giapponese, fatto da un Maestro di Tokoname, per presentarlo alla mostra internazionale Miyabi Ten, tenutasi a Castelbrando di Cison di Valmarino, in Italia.
Enjioy!
THE INCREDIBLE EVOLUTION OF A CORNEL STRAIN, CONSIDERED THE BEST BONSAI IN EUROPE.
THE INCREDIBLE EVOLUTION OF A CORNEL STRAIN, CONSIDERED THE BEST BONSAI IN EUROPE.
CORNUS MAS (CORNIOLO) SHORT DESCRIPTION AND TECHNICAL SHEET
Text and photos by Armando and Haina Dal Col
Corniolo is a pleasant-looking sapling that can reach 4-7 m in height. It has the advantage of blooming very early, covering the still bare branches with a myriad of yellow flowers, and thanks to this characteristic, it is easily identifiable even from a distance among the shrub scrub, otherwise more difficult to recognize for those who do not have a certain knowledge of plants. . It colonizes the plain and hill woods of central and northern Italy, favoring the limestone areas of central and south-eastern Europe. It thrives well on loose, clayey and moderately moist soils. Dogwood wood is very hard, difficult to bend.
The leaves are deciduous, opposite two by two at the nodes of the branches, elliptical-oval in shape with very sharp apex, 5-7 cm long with entire margin and slightly tomentose surface.
The golden yellow flowers have 4 petals and are gathered in simple corymbs, surrounded by 4 much shorter bracts and of a greenish-yellow color; they are opposite and inserted along the branches, and appear very early before the leaves are released, already in February-March.
The fruit is an oval drupe of bright red color, up to two cm long, edible, astringent and slightly acidic even when ripe, but really good when it falls naturally from the branches. The fruit has a long petiole similar to cherries.
Dogwood is one of those slow-growing tree species, reaching centuries-old age. In old specimens, the trunk appears gnarled and sometimes humped, with the bark that tends to flake off, exposing large patches. The greatest difficulty encountered by the dogwood lies in developing a single trunk, robust and with low branches; in fact, it prefers rather disordered shrub forms.
Its wood is very hard, and as an old Belluno saying goes: “Te se hard come an Cornoler”, to indicate a hard-to-understand person!
PRUNING OF BRANCHES AND BUDS.
The pruning of the branches forming the structure of the tree should be performed immediately after flowering, shortening the branches in relation to the planned design.
Prune the shoots that have elongated in late May by increasing the number of secondary and tertiary twigs, leaving two or three pairs of buds in each of them. The branches left short will lignify quickly, and already in July-August the flowering buds will begin to form. If necessary, further pruning of the shoots will be carried out at the end of September. In the meantime, the suckers will be eliminated when they appear, as they take away a lot of energy from the plant. The suckers, in fact, develop vigorous vertically, and do not carry flower buds, so they can be considered vegetable parasites. Naturally, if the base of the trunk is not strong enough, and the first part of the trunk is cylindrical or slightly conical, two three suckers will be allowed to grow at the base of the trunk, this will facilitate an enlargement of the trunk and, once the taper is reached. desired will be deleted.
And now a sequence of images of this centuries-old dogwood, after being explanted from the place of growth in March 1992, to its maximum splendor seen in the spring of 2018, to see it again in the summer of 2020. We will follow it over the years in its slow evolution, documented by the umpteenth repotting, up to the last repotting carried out in February 2018, transferring it to a fine Japanese enameled artisan vase, made by a Tokoname Master, to present it at the Miyabi Ten international exhibition, held in Castelbrando di Cison di Valmarino, in Italy.
Enjioy!