Archivi categoria: Bonsai tecniche sofisticate

Nella categoria Bonsai tecniche sofisticate troveranno posto delle lavorazioni sia su piante “vergini”, sia su Bonsai che hanno necessità di un “Restyling”.
In questa sezione inoltre si potrà assistere a delle tecniche sofisticate non molto semplici, ma di possibile attuazione. A presto,
Armando e Haina Dal Col

Fagus sylvatica Twister wind, “La Ballerina”.

Faggio contorto Twister wind (1)

Faggio contorto Twister wind (2)

Faggio contorto Twister wind (3)

Faggio contorto Twister wind (4)

Faggio contorto Twister wind (5)

Faggio contorto Twister wind (6)

Faggio contorto Twister wind (7)

Faggio contorto Twister wind (8)

Faggio contorto Twister wind (9)

Faggio contorto Twister wind (10)

Faggio contorto Twister wind (11)

Faggio contorto Twister wind (12)

Foto 13

Foto 14

Foto 15

Foto 16

Foto 17

Foto 18

SONY DSC

SONY DSCRaccolsi questo giovane faggio nel 1995 in un pascolo montano. La pianta era piccolina ma con un tronco piuttosto sinuoso. Per diversi anni il faggio non ricevette un’impostazione vera e propria, se non quella di farlo sviluppare il più possibile avendo cura di evidenziare maggiormente il tronco nella sua forma sinuosa. All’inizio lo trapiantai in una cassetta di polistirolo, trasferendolo successivamente in un vaso di plastica. Dopo alcuni anni decisi di accentuare le curve del tronco facendo sviluppare le branche in corrispondenza delle curve, aiutandomi in questo applicando filo e tiranti. Mi accorsi che alla base del tronco c’era le tracce di segatura. A questo punto capii subito che si trattava del famigerato rodilegno, come il Cossus cossus oppure la Zeuzera pyrina L. Le uova vengono deposte in prossimità di lesioni della corteccia, le larve scavano gallerie nei germogli e nella zona midollare dei rami che deperiscono per effetto degli scavi. Infilai nel forellino un filo di ferro cercando di raggiungere il rodilegno senza però riuscirci. Infatti, la galleria era piuttosto sinuosa, decisi perciò di usare un coltellino per togliere la porzione di legno seguendone il percorso, fino a raggiungere il lepidottero, neutralizzandolo! Lo scavo era piuttosto profondo in rapporto al diametro del tronco. Con il passare degli anni comunque le dimensioni del tronco aumentarono grazie alle voluminose fronde che lasciai a tale scopo.
Nel novembre del 2012 decisi che era giunto il tempo di alleggerire la ramificazione troppo voluminosa rispetto al tronco, accentuando il movimento dei rami e rametti seguendo la forma sinuosa del tronco come se fosse una ballerina, ripresa in una danza sfrenata del ballo del Twist. Ecco spiegato anche il nome dato a questo faggio:
Twister wind, ossia pianta dal tronco sinuoso contorto dalla ramificazione “ventosa”.
Nel mese di marzo del 2013 effettuai il rinvaso, trasferendo il faggio in un vaso giapponese basso e ovale, poiché ben si adattava alle forme sinuose della pianta.
Ma per vedere il faggio “ben vestito”, dovetti attendere gli inizi del mese di maggio per poterlo ammirare in tutta la sua bellezza, e son proprio le ultime due foto che lo ritraggono nell’alcova appositamente creata per fotografare i Bonsai.
Ed ora vediamo le immagini.
http://www.bonsaicomunicacion.com/#!el-haya-bailarina/corv

Pino mugo da interpretare in un Bonsai credibile

PINO MUGO DA INTERPRETARE IN UN BONSAI CREDIBILE

Pini mughi molto vecchi raccolti in natura con gravi difficoltà di sopravvivenza suscitano profondo rispetto trovandosi al loro cospetto.
I percorsi riabilitativi sono lunghi e difficili, ma quando si verifica un esito positivo rimaniamo compiaciuti, consci di aver ridato alla pianta una nuova dignitosa esistenza.
Seguiremo la lavorazione di questo primo step eseguito da me e da mia moglie Haina nella consueta manifestazione “Istruttori a confronto” alla Giareda del 2013 . Le numerosissime immagini che seguiranno permetteranno ai lettori di “sentirsi partecipi” di questa emozionante avventura.

Come si noterà, la pianta presenta una base con dei residui di rami morti e parzialmente denudati creando un punto di forza primario ed un aspetto molto interessante. Non altrettanto si può dire dei quattro rami verticalizzati, lunghi e poco provvisti di vegetazione.
Le difficoltà che presenta questa pianta sono sostanzialmente due: riuscire a compattare la vegetazione creando movimento e conicità, ed inoltre, creare un Bonsai credibile identificabile con la specie di appartenenza.

Alla Giareda di quest’anno ci son state numerose lavorazioni di piante nei due giorni di mostra, per cui i moltissimi partecipanti hanno avuto modo di vedere in contemporanea i vari istruttori a confronto.
Le tecniche che ho usato per la lavorazione di questo pino mugo sono stati principalmente dei tagli circolari con un coltello affilato, incidendo i rami fino alla zona del cambio, rivestendoli successivamente con delle strisce di gomma. Questa mia tecnica consolidata mi permette di piegare rami molto vecchi e rigidi, inserendoli nella posizione desiderata.
Ed ora la parola alle immagini, buona visione.

Un abete argentato (Picea pungens “Kosteriana Glauca” ) da vivaio trasformato in un Bonsai nello stile Bunjin.

   Un abete argentato  (Picea  pungens  “Kosteriana  Glauca” ) da vivaio trasformato in un Bonsai  nello stile Bunjin.

Testo e foto di Armando Dal Col.

 

 

BUNJIN-JI  (Literati, Astratto)

Ciò che caratterizza lo stile Bunjin è l’estrema essenzialità delle branche;  il tronco  è generalmente lungo e sottile, sinuoso e con l’aspetto di un albero vissuto dov’è ben visibile l’annosità della corteccia del tronco e dei rami in tutta la sua estensione.   Le conifere sono sicuramente le più adatte per lo stile Bunjin, ma ciò non toglie che si possa rappresentarlo anche con altre specie. I rami sono pochi e piuttosto distanziati l’uno dall’altro, per poi concentrarsi verso l’apice dove formeranno una leggera corona.

In natura esistono forme rappresentative di questo stile, sia nell’albero singolo che in gruppo; numerose sono, infatti, le possibilità e le evoluzioni dello stile Bunjin, riconducibile in molti altri stili.

Lo stile  Bunjin-ji  ebbe origine dalle persone colte, dedite all’arte ed alla letteratura; il suo termine è appunto tradotto dal vocabolo letterato e occidentalizzato come “Literati”.

Il Bunjin-ji ha conosciuto tre grandi periodi: il primo si è reso concreto nell’epoca di Edo che va dal 1600 al 1868, il secondo ha inizio nell’epoca Meiji, il terzo periodo inizia subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale per arrivare ai nostri giorni.

Il Literati è uno stile molto raffinato in cui si può “captare” la tecnica, ma non la sua totale padronanza come potrebbe avvenire per gli altri stili poiché, non esistono regole ben precise. Il Bunjin esprime la sensibilità del suo creatore, ci si può appropriare della tecnica, un po’ meno dell’arte…

Una regola comune in cui tutti sono concordi è nella scelta del vaso che dev’essere essenzialmente piccolo, possibilmente rotondo e semplice, essenziale appunto, proprio come lo stile Literati in cui l’albero sembra essere evanescente. E questo si riconduce proprio al pensiero filosofico-artistico influenzato dallo Zen che tende a ridurre tutto all’essenzialità, come un dipinto espresso da brevi pennellate, o la poesia Haiku che ha il fascino del frammento…

UN SEMPLICE ABETE TRASFORMATO IN UNO STILE MOLTO RAFFINATO: LITERATI!

   Ed ora veniamo al nostro abete argentato; girando per vivai in cerca di una pianta mi soffermai

In questo abete che aveva un tronco curvato e spoglio nel primo tratto, e  con delle tracce di rami tagliati.

L’abete argentato ha un tronco diritto con rami disposti in verticale e di conseguenza dei palchi orizzontali. Caratterizzano questa pianta gli aghi grossi e lunghi 2 centimetri e la chioma di forma a piramide allargata.

Feci un primo intervento togliendolo dal vaso di plastica per verificare lo stato di salute dell’apparato radicale, selezionando alcune radici. Un primo step consisteva  di una parziale rimozione del vecchio terriccio con taglio delle radici danneggiate e con l’aggiunta di un terriccio più idoneo inserendo poi l’abete nello stesso vaso di coltivazione ma con una nuova inclinazione della pianta pensando al suo futuro sviluppo nella veste di un Bonsai. Rimase in questa situazione “dimenticandolo” per un paio d’anni affinchè recuperasse le forze perdute.

Nel febbraio di quest’anno 2013 decisi che era giunto il momento per modellare questa pianta nello stile Bunjin com’era nelle mie intenzioni, intervenendo in primis con un’accurata pulizia degli aghi dislocati alle ascelle dei rami e rametti. Applicai  il filo di rame protetto dal nastro adesivo di carta, poiché come si sa,  il rame risulta essere fitotossico per gli abeti!

Prima di effettuare il rinvaso in un vaso Bonsai anche se non appropriato, preferisco attendere il risveglio vegetativo dell’abete per far sì che non subisca rallentamenti nella sua nuova e futura dimora. Solo in un successivo rinvaso penserò ad un contenitore Bonsai adatto allo stile di questa pianta. Ed ora passiamo alla visione delle immagini nelle varie fasi di lavorazione.

 

Foto 1.  Picea  pungens  “Kosteriana  Glauca” .  L’aspetto attuale prima degli interventi di pulizia degli aghi.

 

Foto 2.  La pianta vista di fianco.

 

Foto 3.  L’abete visto sul retro della prima foto.

 

Foto 4.  La pianta vista sull’altro fianco.

 

Foto 5.  Le radici del nebari.

 

Foto 6.  Primo piano di un rametto dove son ben visibili gli aghi ascellari  che dovranno essere rimossi.

 

Foto 7.  Intervento della pulizia aghi.

 

Foto 8.  Rimozione dei rametti deboli o inutili.

 

Foto 9.  Un ramo è stato ripulito dagli aghi in eccesso.

 

Foto 10.   La branca apicale ancora “vergine” necessita di essere ripulita e ridotta.

 

Foto 11.   Le due branche principali sono state ripulite.

 

Foto 12.  Si inizia a modellare la pianta con l’applicazione del filo.

 

Foto 13.  La prima branca è stata abbassata per creare armonia ed eleganza seguendo il mio pensiero.

 

Foto 14.  Ho cercato di posizionare il primo ramo dandogli un aspetto sinuoso e femminile.

 

Foto 15.  L’avvolgimento del filo mette già in evidenza un aspetto gradevole per questa pianta.

 

Foto 16.  Rami e rametti devono essere avvolti con il filo.

 

Foto 17.  La sinuosità dei rami deve seguire quella del tronco.

 

Foto 18.  L’avvolgimento del filo è stato completato, l’abete visto nella parte frontale.

 

Foto 19.  La parte posteriore dell’abete argentato. Fine dello step in attesa del rinvaso.

 

Foto 20.  L’amico e allievo Sergio di Belluno mi ha procurato una pietra di tufo che dovrò modellare per ospitare l’abete.

 

Foto 21.  La pietra tufo come si sa si presta ad essere scavata, modellandola. Inoltre ha la capacità di assorbire acqua per imbibizione. Naturalmente ho dovuto usare la fresatrice applicando un disco diamantato per facilitare il taglio della pietra.

 

Foto 22.  L’uso di un martello e scalpello mi ha permesso di creare una cengia sufficientemente concava per poter alloggiare l’apparato radicale della pianta.

 

Foto 23.  L’aspetto della pietra che fungerà da contenitore la trovo adatta per lo stile Bunjin o Literati.

 

Foto 24.  Una “martellata” un po’ più robusta mi ha rotto la parte terminale della pietra, e poiché

questo prolungamento dà carattere al contenitore l’ho cementato unendolo al corpo della pietra.

 

Foto 25.  Aprile 2013, l’abete è stato rimosso dal vaso di plastica per iniziare il rinvaso.

 

Foto 26.  L’apparato radicale dell’abete argentato  è stato liberato dal terriccio e abbondantemente lavato.

 

Foto 27.  Una parziale riduzione delle radici si è resa necessaria.

 

Foto 28.  Provo a posizionare l’abete sulla pietra.

 

Foto 29.  Sarà necessario fissare bene l’apparato radicale per poter sostenere il peso della pianta nell’inclinazione desiderata.

 

Foto 30.  Scelta l’inclinazione, Haina si appresta ad aggiungere il terriccio con un’alta percentuale

di keto, polvere di akadama e terriccio ricco di humus.

 

Foto 31.  Si applica delle zolle di muschio per creare il paesaggio ma soprattutto per proteggere il substrato mantenendolo costantemente umido.

 

Foto 32.  Questo tipo di terriccio per Bonsai su roccia risulta essere il più idoneo, in quanto ha il potere di trattenere a lungo l’acqua.

 

Foto 33.  Muschi di varie specie e tonalità contribuiscono a creare il paesaggio che esprime questa composizione.

 

Foto 34.  Rinvaso e creazione del paesaggio sono stati ultimati. L’inclinazione della pianta  suggerisce equilibrio e stabilità.

Foto 35.  La scelta del fronte.

 

Foto 36.  L’abete Bunjin fotografato nella nicchia appositamente costruita per fotografare i Bonsai.   Questo naturalmente è il primo step che potrà subire delle modifiche in futuro;  è vero, c’è un discreto movimento del tronco verso l’apice a “canna da pesca” poco attraente, ma questo consente di fissare un tenue movimento iniziale per proseguire verso l’apice nel prossimo futuro.

Inoltre, anche il primo ramo al momento appare troppo pesante per uno stile così raffinato come il Bunjin, il quale andrà sicuramente ridotto.

 

Foto 37.  Sono stati aggiunti due elementi di compagnia. L’abete con la sua marcata inclinazione verso destra farebbe supporre che l’esposizione sia corretta, voi cosa ne pensate?

 

Foto 38.  Picea pungens “Kosteriana glauca”. L’abete argentato realizzato nello stile Bunjin, rappresenta un Bonsai  dal fascino inconfondibile. Ritornando all’analisi dell’esposizione, il primo ramo dà il carattere dominante di questo Bonsai determinandone la corretta esposizione, poiché anche l’apice è stato modellato per dirigersi verso destra, anche se il tronco ha un chiaro movimento verso sinistra. Ecco in sintesi l’analisi di questo Bonsai.

 

 

UN PINO MUGO BATTEZZATO “LA DANZA DEL COBRA”.

 

La Danza de La Cobra
http://www.bonsaicomunicacion.com/#!la-danza-de-la-cobra/c1cw9

Ho sempre avuto un debole per le piante vecchie dal tronco martoriato, e così ho cercato di dare loro un  nome adatto che potesse essere identificabile per le sue caratteristiche principali.

A dire il vero questo pino mugo aveva un andamento molto  compatto e i suoi rami erano adagiati sul terreno. Il tronco principale era  semi putrefatto e  sembrava  estraneo al resto della pianta poiché non seguiva  un andamento logico, ma si espandeva alla base nel senso trasversale inglobando anche un piccolo rododendro che raccolsi con cura insieme alla pianta. L’epoca della raccolta in natura  è avvenuta nella primavera del 1998.

 

L’attecchimento della pianta è avvenuto solo dopo tre anni e, subito dopo, ho cercato di verticalizzare il tronco per far sì che le future masse verdi sovrastassero la base della pianta.

Con non poche difficoltà l’asse primario del pino mugo iniziò a fissarsi nella forma desiderata tanto che dava l’impressione di vedere  un cobra che si ergeva in maniera sinuosa come se volesse danzare. Da qui nasce il nome di questo pino mugo: “La danza del Cobra”.

Certamente i passi successivi sono stati ancora lunghi, e le prime documentazioni fotografiche documentate  iniziano solo dal 2006.

Un particolare ringraziamento per la rapida evoluzione del pino mugo va a mia moglie Haina che da subito si era innamorata di questa pianta, ed io non esitai ad affidarle le cure necessarie al fine di portare a compimento il mio progetto pensato.

In questi lunghi anni trascorsi insieme fianco a fianco, Haina ha acquisito una sorprendente manualità delle tecniche bonsaistiche, sia nei rinvasi sia nell’applicazione del filo, e per questo le ho affidato la modellatura più “minuziosa” della ramificazione più sottile, adatta alle mani di una donna.

Ed ora uno sguardo alle immagini per seguirne l’evoluzione.

 

 

Pino mugo foto 1.   Il Pino mugo  dopo  l’attecchimento consolidato, era stato sottoposto ad una serie di interventi con l’utilizzo di robusti tiranti a vite, al fine di avvicinare il tronco prostrato verticalizzandolo il più possibile.

Trascorsi alcuni anni, nel 2006 è stato trapiantato in un vaso bonsai rotondo, otticamente adatto alla struttura dell’albero.

 

 

Foto 2.  Non ho voluto separare il giovane rododendro dal mugo, e così continueranno a convivere insieme;

il tronco principale è stato modellato e risanato, mentre quello  secondario ha assunto un movimento sinuoso come se si trattasse di assistere alla “danza del cobra”.

 

 

Foto 3.   Il tronco trasversale in primo piano.

Il Pino mugo si è consolidato e rinvigorito.

 

 

 

 

Foto 4.   Haina solleva il vaso sul retro del Pino mugo per verificarne l’effetto, evidenziando il fronte e l’inclinazione della pianta  che assumerà con il prossimo rinvaso.

Questa operazione non era consigliabile eseguirla in precedenza in un vaso di queste dimensioni, poiché le radici attive si trovano tutte sul retro e sollevando la pianta sarebbero venute allo scoperto. Si sarebbe potuto optare per un vaso più alto, ma il tronco trasversale che considero il punto focale di maggior interesse della pianta sarebbe stato parzialmente interrato rischiando di marcire in breve tempo.

 

 

 

 

Foto 5. Haina riapplica il filo su alcuni  rametti sottili, al fine di migliorare la struttura della ramificazione.

 

 

 

 

 

 

Foto 6.  Il Pino mugo, la “danza del Cobra”.

L’aspetto è accattivante anche se migliorabile, decido comunque di partecipare al concorso internazionale al “World Bonsai Friendship Federation World Bonsai Contest”.

 

 

Foto 7. Il pino mugo è risultato vincitore entrando nella prestigiosa categoria di “Honorable Winner”.

 

 

 

 

Foto 8. Award Certificate “Bonsai no Kokoro” di Armando.

 

 

 

 

Award Certificate “Bonsai no Kokoro Winner” di Haina.

Abbiamo presentato un Bonsai per ciascuno, ed entrambi abbiamo vinto!

 

 

 

 

Foto 9.  Il pino mugo si è ben consolidato in questi anni, il vaso risulta essere inadatto per cui si procederà ad un nuovo rinvaso scegliendo un altro tipo di vaso.

 

 

 

Foto 10.   Marzo 2012, rinvaso del pino mugo.

 

 

 

Foto 11.   Haina con disinvoltura inizia a rimuovere il terriccio dalle radici.

 

 

 

Foto 12.  Rimozione del terriccio.

 

 

 

Foto 13.  Il terriccio è stato totalmente rimosso.

 

 

 

Foto 14.  Le radici vengono “pettinate” per sciogliere eventuali grovigli intrecciati.

 

 

 

 

Foto 15.  Haina taglia alcune radici per ridurre la massa radicale.

 

 

 

Foto 16.  Si è scelto un vaso artigianale di pregevole fattura.

 

 

 

Foto 17.  Haina continua imperterrita la delicata fase del rinvaso.

 

 

 

Foto 18.  Si è cercato di non danneggiare il piccolo rododendro di montagna, il quale come si ricorderà era stato raccolto insieme al pino mugo per cui ho voluto conservarlo nella composizione controllandone le dimensioni al fine di non entrare in competizione con la pianta.

 

 

 

Foto 19. Controllo dell’inclinazione dell’albero prima di fissarlo definitivamente.

 

 

 

Foto 20.  Al termine del rinvaso e della creazione del paesaggio, il vaso con la base della pianta è stato protetto con il tessuto non tessuto sia da eventuali gelate tardive che dall’attacco dei merli desiderosi di cercare eventuali vermi sotto le zolle di muschio.

 

 

 

Foto 21.   Haina prima assoluta alla mostra di Sacile.

L’immagine del Pino mugo è davvero accattivante, e alla mostra nazionale di Bonsai a concorso del 2012 tenutasi a Sacile in provincia di Pordenone, il Pino mugo esposto da Haina si è classificato al primo posto come miglior esemplare.

 

 

 

 

Foto 22. Catalogo UBI 2012.

Ho presentato il pino mugo alla mostra Congresso dell’UBI 2012 tenutasi ad ARCOBONSAI, entrando meritatamente nel catalogo UBI dei migliori Bonsai e Suiseki.

 

 

Foto 23.  Le pareti del vaso sembrano ricordare le squame di un serpente. Ecco perché il pino mugo battezzato “la danza del cobra” ben si adatta alla struttura del vaso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’EVOLUZIONE DELLE MARGOTTE BIODINAMICHE DI ACERO TRIDENTE.

L’EVOLUZIONE DELLE MARGOTTE BIODINAMICHE DI ACERO TRIDENTE.

A cura di Armando Dal Col

 

Le fasi lunari  influenzano sicuramente da sempre tutto ciò che concerne l’agricoltura, e le sperimentazioni agricole sono la storia dei nostri progenitori. Ho voluto sperimentare anch’io gli influssi lunari nelle varie fasi biodinamiche proprie della luna in rapporto con i pianeti, cercando di verificarne gli effetti.

A tal proposito ho intenzionalmente voluto “trasgredire”  sia i tempi che i metodi suggeriti, sperimentando anche dei periodi inusuali. Ciò che comunque ho fatto non si discosta  molto nell’uso comune nel fare una margotta, poiché il fine ultimo è quello di ottenere una nuova pianta munita di molte radici realizzata nei vari modi.  A volte può succedere che l’intervento  effettuato a distanza di pochi giorni influisca positivamente o negativamente, anche con la potatura di rami di una certa dimensione; è incredibile come le fasi biodinamiche della luna possano influenzare moltissimo sul  ritiro di linfa con la perdita del ramo! Viceversa, può agevolare la formazione e lo sviluppo di nuove radici anche nella fase di attecchimento di una pianta.

Seguiremo alcune fasi della realizzazione delle margotte su di un acero tridente,  intervenendo su dei rami precedentemente preparati a tale scopo fino a simulare le sembianze di un alberetto,  praticando delle tecniche avanzate.

 

Acer buergerianum, sequenza di immagini delle margotte.

La tecnica aiuta: Pino mugo diviso in due mediante la separazione delle radici.

La storia di questo pino mugo è piuttosto recente, e quello che lo caratterizza sono le due forze opposte. Infatti, alla base del tronco sembra che si siano unite due piante, una con un unico tronco tendenzialmente prostrato munito di un palco terminale a “cuscino”, mentre l’altra si suddivide in più tronchi muovendosi in direzione opposta. Utilizzando tutta la pianta diventerebbe necessario selezionare dei rami per creare un Bonsai credibile ma anche contenuto, e questo farebbe cadere la scelta su una o l’altra direzione, sacrificando così dei rami importanti. L’idea nata fin dall’inizio era concentrata sulla possibilità di dividere il pino mugo alla base ottenendo due piante, e questo naturalmente senza pregiudicare la vita di entrambe. Ma le azioni da fare non sono così semplici come le idee, poiché dividere la pianta significa correre dei seri rischi per la sopravvivenza della stessa. Questo problema è stato affrontato anticipando il rinvaso del pino mugo prima che producesse troppe radici che avrebbero aumentato la difficoltà nel separarle. Infatti, dopo la rimozione della pianta dal grande vaso in cui era stato inserito  due anni prima nel post espianto, Haina ed io ci siamo messi all’opera controllando meticolosamente l’apparato radicale e la sua possibilità nel dividere la pianta. Una grossa radice avvolgeva la base del ramo prostrato interessante, il quale era ancorato a sua volta con una robusta radice alla base dell’arbusto. Trepidanti e fiduciosi ci siamo messi all’opera per cercare di separare la pianta, ponendo la massima attenzione che entrambe fossero munite di sufficienti radici. E così avvenne!

Ed ora la parola alle immagini.

 

Pino mugo visto nel 2011, è stata parzialmente coperta la base della pianta per ridurre il quantitativo d’acqua a causa delle frequenti precipitazioni piovose.

 

Foto prima del rinvaso.  Pino mugo fotografato in agosto del 2012 ad avvenuto attecchimento. Sono visibili dei robusti tiranti a vite per avvicinare due grossi rami.

 

 

Foto prima del rinvaso.  La base del pino mugo offre la possibilità di dividere la pianta utilizzando due entità distinte.

 

 

Foto prima del rinvaso. La pianta vista nella sua interezza.

Foto 1. 15 aprile 2013, la pianta è stata svasata dal grande vaso che l’ospitava. Si notano delle radici sottili nella circonferenza perimetrale del substrato.

 

Foto 2. In questa immagine si ha la netta sensazione delle due forze opposte che esprime questo pino mugo.

 

Foto 3.  L’immagine della pianta vista in questa angolazione non lascia dubbi, quale parte andrebbe rimossa tenendola integra?

 

Foto 4.  Haina inizia a rimuovere delicatamente il terriccio dalle radici con l’aiuto di un bastoncino.

 

Foto 5.  L’alta percentuale di pomice inserita al momento del primo rinvaso ne facilita la rimozione.

 

Foto 6.  Una parte della pianta da separare viene attentamente esplorata al fine di salvaguardare l’intero pino mugo.

 

Foto 7.  Una robusta radice che si allontana dalla base del tronco, appartiene  alla pianta che vorrei dividere.

 

Foto 8.  Si inizia a intravvedere la possibilità della separazione delle radici.

 

Foto 9.  In questa immagine si nota la continuità del tronco-radice della pianta da separare.

 

Foto 10.  Ormai ci siamo quasi, una radice di un certo spessore fa da ponte fra le due entità, per cui si decide di tagliarla alla base.

 

Foto 11.  La separazione del ramo-pianta è avvenuta. Purtroppo si nota una discreta contro conicità che pregiudica la bellezza della pianta, concorrono anche la mancanza di radici alla base che formerebbero il nebari per questo pino mugo dal tronco interessante.

 

Foto 12.  La pianta madre si è “slegata” del figlio rimasto troppo a lungo avvinghiato. Ora è cresciuto sufficientemente per avere una vita autonoma.

 

Foto 13.  Rinvaso della pianta madre.

 

Foto 14.  La massa arborea del pino mugo è ancora piuttosto voluminosa malgrado l’assenza del “figlio”. Si è cercato di posizionare la pianta nel vaso pensando allo stile mentale del futuro Bonsai.

 

Foto 15.  Ed ora è la volta del rinvaso della pianta secondaria. Le dimensioni del vaso di coltivazione sono ampiamente sufficienti per un corretto sviluppo del pino mugo, ciò nonostante sono stato costretto a segare una porzione della lunga radice che mi permettesse di alloggiare la pianta.

 

Foto 16.  La pianta è stata capovolta e appoggiata momentaneamente sul vaso per agevolare le infiltrazioni con ormoni fito radicanti, iniettati lungo l’asse della radice

 

Foto 17.  Terminato il rinvaso, ho dovuto puntellare il tronco nella posizione desiderata. In questa immagine la contro conicità del tronco è assente, e questo sarà sicuramente il fronte più appropriato per il futuro Bonsai.

 

Lavorazioni inedite alla mostra di Sacile.

   Lavorazioni inedite alla mostra di Sacile.

Domenica 7 aprile all’annuale manifestazione del Gruppo Bonsai Giardino della Serenissima di Sacile, si son tenute delle dimostrazioni in simultanea dagli 11 rappresentanti dei Bonsai clubs, lavorando una conifera messa a disposizione del Club ospitante e assegnata tramite sorteggio. Le piante a disposizione erano per metà Picea nidiformis e Picea pigmea, entrambe con una netta differenziazione della vegetazione. La prima, semi globosa con dei robusti rami e rametti, mentre la seconda presenta una vegetazione più aperta ma con deboli rametti tendenzialmente penduli, poco in grado di sostenere la vegetazione agli apici dei rametti.
Ad Haina è toccata proprio una di queste piante “poco appetibili” dal punto di vista bonsaistico, ma malgrado le difficoltà e il poco entusiasmo iniziale con disinvoltura è riuscita ad ottenere una discreta pianta in un paio d’ore rispetto alle cinque sei che aveva a disposizione e che gli altri dimostratori le avevano usate.
Ed ora alcune immagini della lavorazione di Haina.

Tarzo su TV2000 sui Borghi d’Italia in onda sabato 9 febbraio e domenica in replica , con il servizio dedicato al Giardino museo Bonsai della serenità di Armando e Haina Dal Col.

http://www.borghiditalia.tv2000.it/

http://www.borghiditalia.tv2000.it/

http://www.borghiditalia.tv2000.it/

Ecco i link per vedere il filmato per quanti non l’hanno potuto seguire in diretta televisiva.
La parte dedicata al mio giardino Bonsai si vedrà verso la fine e durerà 4 minuti +o-
Alcuni Bonsai sono esposti sui bancali parzialmente protetti dal tessuto non tessuto, e questo sarà un motivo di più per poterli vedere dal vivo fino alla base del nebari, comprese alcune recenti lavorazioni “poco visibili” nel video. Buona visione,
Armando

Pinus mugo montana, capolavoro del terzo millennio.

Pinus mugo montana, capolavoro del terzo millennio.

Pini mughi molto vecchi raccolti in natura con gravi difficoltà di sopravvivenza suscitano profondo rispetto trovandosi al loro cospetto.

Non è certo una scusante se tentiamo di “trasferire” in un vaso di coltivazione una di queste piante giunte al limite della sopravvivenza, ma se noi cerchiamo  di offrir loro un avvenire cercando di “ringiovanirle” apportando delle tecniche di coltivazione che le permettono di acquisire nuovo vigore, penso che se potessero parlare ci ringrazierebbero!  E come non rimanere stupiti quando questo si verifica con un buon esito positivo,  ripristinando una pianta  sofferente, riportandola a una nuova dignità di albero.

I percorsi riabilitativi sono lunghi e difficili per la pianta stessa,  ma superati i passi iniziali rimaniamo compiaciuti, consci di aver ridato alla pianta una nuova dignitosa esistenza.

 

In questo video vediamo il Pino mugo nell’area del Giardino museo Bonsai

della serenità.

 

http://www.youtube.com/watch?v=JsbSJ1XLGjM&feature=share&list=UUgaxoVbEkVt_uglzAlPuoyg