ACERO TRIDENTE ABBARBICATO ALLA ROCCIA NELLO STILE ISHIZUKI.
Esistono tre forme fondamentali di Bonsai su roccia: Ishi-Zuki, Insho Gata-Ishi e Sekijoju.
Lo stile Ishi Zuki simula uno scenario roccioso alpestre o marino, dove i venti e le acque plasmano sia le rocce che gli alberi, ma può rappresentare anche quieti paesaggi rocciosi.
In questo stile, il sistema radicale viene collocato nelle cavità della roccia stessa e poiché essa funge da contenitore, è necessario farci stare il maggior quantitativo di terriccio possibile, poiché gli alberelli non andranno mai più rimossi.
La prima cosa da fare, è trovare una pietra di adeguate dimensioni e di aspetto gradevole. La pianta che verrà successivamente inserita, con il tempo dovrebbe assumere uno scenario naturale, nel quale ci sia un perfetto connubio fra la roccia e l’albero. Poter assemblare in un anfratto roccioso, una pianta che abbia già “un tronco vissuto” non è per niente facile, ecco perché preferisco preparare un ramo di un certo spessore sull’albero, creando conicità e ramificazione ottimale. Solo dopo aver raggiunto l’obiettivo lo margotto.
La porzione del ramo ha raggiunto una buona ramificazione, e così, nel mese di maggio del 2011 decido di margottarlo. Solo nel marzo del 2013 ho potuto separare la margotta, producendo discrete radici verso l’esterno del tronco perché troppo vicino al tronco della pianta madre. Vedremo numerose immagini in sequenza, anche nel corso degli anni, fino al mese di luglio 2022, soddisfatto del risultato raggiunto di questa mia opera. Enjoy!
TRIDENT MAPLE CLICKED TO THE ROCK IN THE ISHIZUKI STYLE.
There are three basic forms of rock Bonsai: Ishi-Zuki, Insho Gata-Ishi and Sekijoju.
The Ishi Zuki style simulates an alpine or marine rocky scenery, where winds and waters shape both rocks and trees, but can also represent quiet rocky landscapes.
In this style, the root system is placed in the cavities of the rock itself and since it acts as a container it, is necessary to keep as much soil as possible in it, since the saplings will never be removed again.
The first thing to do is to find a stone of adequate size and pleasant appearance. The plant that will subsequently be inserted, over time should assume a natural setting, in which there is a perfect union between the rock and the tree.
Being able to assemble a plant that already has “a lived trunk” in a rocky ravine is not easy at all, which is why I prefer to prepare a branch of a certain thickness on the tree, creating an optimal taper and branching. Only after having achieved the goal will it layered.
The portion of the branch has reached a good branching, and so, in May 2011, I decide to lay it out. Only in March 2013 was I able to separate the layering, producing discrete roots towards the outside of the trunk because they are too close to the trunk of the mother plant. We will see numerous images in sequence, even over the years, until July 2022, satisfied with the result achieved by my work.
Pino mugo uscito dal coma dopo sei anni, modellato come un “Trophaeum Cervidae”.
A cura di Armando e Haina Dal Col.
Questo pino mugo lo raccolsi nella primavera del 2013, ma poiché non era molto in forma non avevo la certezza di poterlo salvare, ma la speranza è l’ultima a morire!
Pino mugo modellato come un Trophaeum Cervidae.
La pianta presentava tre rami vivi con dei rametti morti, dovuti sicuramente alle sue condizioni di vita. Naturalmente utilizzai degli ormoni radicanti liquidi che iniettai alla base delle radici, con l’intento di far sviluppare nuovi capillari; oltre a questi, immersi la pianta in una tinozza con acidi umici fulvici disciolti nell’acqua, riutilizzandoli successivamente per altre piante; il mugo lo trasferii in un vaso di coltivazione con pomice pura.
Passata l’estate dello stesso anno, il ramo apicale più importante cominciava a perdere vigore, e con l’arrivo della primavera successiva cessò di vivere! Amarezze e delusioni sono sempre presenti, ma questo non ci deve scoraggiare; infatti, il pino mugo aveva ancora due rami vivi! ma le gemme apicali di entrambi rimanevano inattive; il pino mugo era entrato in coma!
L’anno successivo, e siamo nel 2015, anche il secondo ramo apicale a poco a poco esaurì le forze che non gli permisero di superare l’estate, e anche questo ramo si seccò.
Ormai il pino mugo conservava il solo ramo basso con una biforcazione iniziale e con pochissima vegetazione per niente vigorosa, comunque se pur malconcio superò l’inverno mantenendo gli aghi verdi.
Quando ne parlai al Dr Simone Barani della Geosism, inviandogli anche delle foto per monitorare la situazione del pino mugo, si offrì di regalarmi una boccetta di micorrize da somministrare all’apparato radicale della pianta, che applicai subito nella primavera del 2016 al ritorno di Arco Bonsai, per ripeterla in autunno. Nell’occasione, rimossi il pino mugo dal vaso per poter ricontrollare l’apparato radicale, liberandolo parzialmente dalla pomice, nebulizzando le micorrize direttamente a contatto delle poche radici rimaste vive. Nel rinvaso del pino mugo, aggiunsi un 30% di zeolite miscelandola alla stessa pomice. Al risveglio della primavera del 2017, la pianta con l’unico ramo rimasto vivo era sempre nelle stesse condizioni. Continuai a somministrare le micorrize nel substrato, un paio di volte in primavera e un’altra in autunno, sperando in una sua ripresa. Riuscì a superare l’estate, anche se le gemme apicali non avevano energie per svilupparsi. La maggiore difficoltà che incontrava il pino mugo era quella di far asciugare le radici!
Con l’arrivo della primavera 2018, la situazione non era cambiata; gli aghi apicali che formano una specie di rosetta continuavano comunque a essere verdi, e con l’arrivo dell’autunno gli aghi erano diventati turgidi e di un bel colore verde, era un segno di incoraggiamento.
Le caratteristiche principali della pianta al momento, erano stranamente i rami morti -volutamente lasciati-, poichè la mia idea fu quella di creare una scultura vivente, identificabile con un trofeo di un austero maschio di cervo.
Siamo nel mese di gennaio 2019; le temperature sono scese di alcuni gradi sotto lo zero. Bagnai abbondantemente il substrato del pino mugo affinchè gelasse completamente, questo per poter operare con le frese elettriche. Le basse temperature avevano creato un blocco unico del substrato, ciò mi ha permesso di privare tronco e rami morti della corteccia, evitando così di creare delle vibrazioni che avrebbero potuto danneggiare i delicati capillari. Questo è stato possibile anche grazie al prezioso aiuto di mia moglie Haina, e sulle parti più difficili siamo ricorsi all’ausilio di bisturi e coltelli. Dopo la modellatura parziale, è stato applicato il liquido di polisolfuro di calcio per jin, al fine di rendere più drammatica la parte scultorea, e com’era nelle mie intenzioni, ho cercato di simulare con il tronco morto e i rami denudati, l’immagine virtuale del trofeo di un vecchio maschio di cervo!
Le somministrazioni annuali delle micorrize in questi due anni, con l’aggiunta di acidi umici liquidi, hanno aiutato a mantenere gli aghi turgidi, ma sarà solo con la stagione vegetativa del 2019 che si avrà la certezza di vedere se la pianta ce la farà a sviluppare le gemme apicali.
Marzo 2019, malgrado la stagione invernale sia trascorsa con temperature “del Mezzogiorno”, il pino mugo ha ancora le gemme apicali ferme. Ciò nonostante decisi di rinvasare la pianta in un contenitore più “accattivante” rispetto a quello di plastica. Questo ci permise di controllare tutte le esigue radici, sottilissime ma comunque vitali. Certamente l’abbondanza di zeolite di sottile granulometria aggiunta al substrato aveva condizionato uno sviluppo di radici sottili, ma ora nel fondo del nuovo vaso dove poggeranno le radici, ho inserito della pomice micorizzata di granulometria superiore, tenuta separata dai precedenti rinvasi di conifere. Quando le radici si svilupperanno nel corso della stagione vegetativa, aumenteranno sicuramente il loro spessore.
Nel togliere tutto il substrato dalle radici del pino mugo, ho potuto perfezionare anche la base del tronco, prima completamente immersa nel terriccio. Questo mi ha permesso di ridurre parte dei monconi delle vecchie radici primitive ormai morte, facilitando l’inserimento della pianta nel pregevole vaso artigianale “Fior di loto”, creato anni fa da Mario Remeggio.
Fu solo con l’inizio del mese di maggio che le gemme apicali iniziarono a gonfiarsi, era il segno tanto atteso, desiderato e sperato, anche se in realtà, le candele a fine mese erano rimaste tali e quali. Le alte temperature estive avevano raggiunto i 35, 38° gradi di caldo durante il giorno, ciò nonostante gli aghi e le gemme della pianta continuavano a rimanere vitali. Fortunatamente, osservando le gemme apicali dei rametti vivi, evidenziano una discreta vigoria, e con le due immagini del 12 luglio, si notano bene le nuove gemme apicali ben distinte e lucide. Certamente non bisogna abbassare la guardia, saranno necessari ancora due tre anni di coltivazione mirata per avere l’infittimento di nuove gemme nei rametti secondari e terziari, raggiungendo l’immagine di una pianta sana e vigorosa come un Bonsai di altissimo livello artistico.
Ritornando sulle condizioni di vita di questa pianta dopo il periodo estivo del 2019, Il pino mugo, in un flebile palpito di vita, sembrava essere uscito finalmente dal coma, dopo ben sei anni di morte apparente!
Nel mese di luglio del 2021, rami e rametti del pino mugo sono sempre più vigorosi, in forte contrasto con le parti morte di questo “Trofeus Cervide”!
La sequenza delle immagini, sarà maggiore durante i due anni in cui sono state somministrate le micorrize con l’aggiunta della zeolite, questo per monitorare i possibili sviluppi positivi.
Enjoy!
La vegetazione è scarna in tutti e due i rami vivi.
Ho preferito lasciare i rami morti abbastanza lunghi, poiché avrei intenzione di modellarli come un trofeo di un cervo adulto.
Aprile 2017, la situazione non è cambiata, le gemme apicali non hanno la forza di svilupparsi.
Primo piano delle gemme (candele) dal colore “spento”.
Solo il ramo basso è rimasto vivo.
Gennaio 2019, il recupero della pianta non è ancora , il pino mugo sta affrontando il sesto anno di morte apparente.
Splendido cervo maschio con il suo impeccabile trofeo.
Le temperature di questa prima settimana di gennaio sono state sotto lo zero, così il substrato della pianta si è gelato.
. Era il momento atteso. Con il terriccio gelato posso tranquillamente scortecciare tronco e rami con le frese elettriche.
. Si inizia lo scortecciamento dei rami e rametti con la fresa elettrica. Le vibrazioni ai capillari sono nulle, in quanto tutto il substrato è gelato.
. Non è semplice togliere la corteccia ai rametti sottili poiché sono secchi, diversamente sarebbe stato se fossero vivi!
. Haina interviene con bisturi e coltelli per togliere le tracce di corteccia nei punti difficili da raggiungere con le frese.
. La scultura pensata sta prendendo forma, e alcune tracce di pseudo corteccia sono state volutamente lasciate per creare un effetto maculato.
Haina continua a eliminare delle tracce di corteccia nei punti difficili da raggiungere con le frese elettriche.
. Intervengo per verificare lo stadio di rimozione della corteccia.
. Raccomando ad Haina di lasciare alcune tracce di pseudo corteccia.
. Sollevo la pianta togliendola dal vaso per scuotere i residui della polvere di segatura.
Come si può constatare, il substrato è un blocco unico; questo ne ha acconsentito l’uso delle frese elettriche senza creare vibrazioni alle radici sottili.
. Sarà interessante verificare lo stato effettivo delle radici attive quando farò il rinvaso vero e proprio con il contenitore adatto.
Terminata la modellatura delle parti morte, si è passati a una bella doccia della pianta per togliere tutti i residui della segatura prodotta dalle frese elettriche.
Dopo la rimozione della segatura e fatta una bella doccia al pino mugo, è stato applicato il liquido per jin a base di polisolfuro di calce per creare un effetto osseo alle parti morte.
. Tronco, rami e rametti hanno assunto le sembianze di un trofeo di cervo maschio dominante nel gruppo, com’era nel mio progetto mentale. Anche le tracce di pseudo corteccia volutamente lasciate creano un effetto maculato più realistico.
. Il trofeo del cervo si erge imponente sopra la ramificazione esile del pino mugo, la quale verrà modellata creando un piccolo triangolo scaleno che potrebbe simulare la “testa” del cervo.
. Ramo e rametti secondari sono stati modellati parzialmente, e compattati in un triangolo contenuto, dove si erge maestoso il “Trofeo”
Cervo nobile (Elaphus) dal mantello rosso.
Maschio di cervo dominante con il suo impeccabile trofeo annuale.
C’è una certa rassomiglianza del trofeo del cervo con le parti morte modellate del pino mugo.
. Marzo 2019, è giunto il momento del rinvaso.
. Dopo le somministrazioni semestrali delle micorrize e acidi umici, sono apparsi “timidamente” alcuni filamenti del micelio fra le radici del pino mugo.
. Le sottili radici sono parzialmente intrise del prezioso micelio.
. Si è reso necessario togliere la parte putrefatta alla base della grossa radice primaria, la quale aveva causato la “morte apparente” della pianta.
Tentativo di inserimento del pino mugo in una pietra artistica; rivelatasi purtroppo poco adatta per mancanza di spazio.
. Questo pregevole vaso artigianale “Fior di loto” ci convinse di più, ed anche il “trofeo del cervo” esprime la sua potenza.
Purtroppo le gemme apicali non danno ancora segni di vita.
Sul fondo del vaso è stata messa della pomice leggermente micorizzata, recuperata da un rinvaso di conifera.
Rinvaso portato a termine con l’aggiunta di zeolite.
Da come si può notare dall’immagine, le gemme apicali dei rametti sono “spente”, ma gli aghi sono abbastanza turgidi.
Pino mugo “trofeus cervide” fotografato sul bancale di esposizione. I prossimi mesi saranno determinanti per assistere allo sviluppo delle candele ancora chiuse.
. Maggio 2019, le candele apicali si sono parzialmente gonfiate.
Giugno 2019, le candele sono decisamente verdi, e già si è formata la gemmina di riserva all’apice delle candele. Ora il pino mugo deve affrontare i mesi estivi, ancora una durissima prova!
. Pino mugo “Trofeus Cervide”; il nome è certamente insolito attribuito a una pianta, ma la ramificazione morta e modellata la riconduce alle sembianze di un trofeo del Cervo nobile.
. 12 Luglio 2019, l’aspetto attuale del pino mugo è incoraggiante.
Primo piano di alcune gemme di rinnovo del pino mugo; la pianta dopo sei anni di sofferenze estreme sta uscendo dal coma!
Certamente la vegetazione è ancora scarna, ma comunque vitale. Sarà determinante attendere le prossime primavere per vedere se il pino mugo manterrà questa vitalità conquistata.
Maggio 2020, il pino mugo ce l’ha fatta a superare anche questo inverno, dopo essere uscito dal coma la scorsa estate, durato ben sei anni.
Le candeline non sono eccessivamente vigorose, ma all’interno di esse si è già formata la gemma di riserva. Questo fa ben sperare in un suo sviluppo vegetativo, anche se ci vorranno ancora un paio d’anni prima che la pianta assuma una buona vitalità nell’area verde.
Pino mugo “Trofeus Cervide”; il nome è certamente insolito attribuito a una pianta, ma la ramificazione morta e modellata la riconduce alle sembianze di un trofeo del Cervo nobile.
Splendido cervo maschio con il suo impeccabile trofeo.
Il trofeo del pino mugo.
6 Maggio 2021, le candeline del pino mugo sono gonfie e vitali, e già in alcune zone dei rametti si sono sviluppate nuove gemme.
La vegetazione del pino mugo è ancora scarna, ma vitale.
Pino mugo “Trofeus Cervide”. La dura sfida della conquista alla vita è stata vinta, e questo ci ha condizionato entrambi, in un perfetto connubio psico emotivo.
2 Agosto 2021, il pino mugo Trophaeum Cervidae si è consolidato, assumendo un aspetto molto gradevole.
Ed ecco sul tronco si rompono le gemme: un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa: il tronco pareva già morto, piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo; e sono quell’acqua di nube che oggi rispecchia nei fossi più azzurro il suo pezzo di cielo, quel verde che spacca la scorza che pure stanotte non c’era.
Ed ecco sul tronco si rompono le gemme: un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa: il tronco pareva già morto, piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo; e sono quell’acqua di nube che oggi rispecchia nei fossi più azzurro il suo pezzo di cielo, quel verde che spacca la scorza che pure stanotte non c’era.
Traduzione dal certificato- pergamena datami in lingua giapponese.
Faggio di Armando Dal Col ITALY. Premio Eccellenza! Illuminato!
L’Italia è grande. L’organizzazione della Japan Bonsai Association Kukai ha esposto alla mostra mondiale Bonsai Mizuishi il tuo Faggio; ha aggiunto brillantezza a questa mostra con questa pianta eccellente,
quindi mi illumino!
Esposto alla mostra Bonsai JAPAN NIHONBON il 27 aprile 1986. Giudizio dei Maestri: Eccellente! Illuminato!