L’intervista era di qualche anno fa per l’UBI (Unione Bonsaisti Italiani) e per Bonsai & Suiseki Magazine.
(Introduzione UBI) Salve amici, per questo primo appuntamento con le interviste del Notiziario, il nostro ospite è una persona che rappresenta un pezzo di storia del Bonsai in Italia. Armando Dal Col. Non credo che nel nostro Paese ci sia un solo bonsaista che non abbia almeno sentito parlare del Maestro, per cui a lui la parola e buona lettura.
Giuseppe Monteleone
(Introduzione BSM) Salve amici, questa intervista è un vero e proprio tuffo nella storia.
La storia del Bonsai nel nostro Paese.
Armando Dal Col è questo, una pietra miliare per tutti quelli che amano il bonsai, un termine di paragone e, permettetemi, un modello da imitare.
Persona modesta e sempre disponibile, ha il suo regno nel GIARDINO MUSEO BONSAI DELLA SERENITA’diventato meta imprescindibile per appassionati e semplici curiosi.
Inutile parlare delle sue piante, chi non le conosce? Un solo accenno va al suo Faggio Patriarca una delle più belle piante che si siano mai viste.
Ora, prima di cadere nella celebrazione del personaggio lascio la penna al Maestro.
Buona lettura.
Giuseppe Monteleone
1. Maestro, con un pò di emozione mi accingo all’intervista e mi rivolgo a te dandoti del tu. Inizio in maniera forse insolita chiedendoti che ne è del famoso pesco da frutto che fu l’inizio della tua e nostra storia.
Premetto che gli alberi da frutto nel periodo della fioritura il pesco con i suoi fiori rosa pastello era quello che mi emozionava di più, ed è per questo che scelsi in un vivaio nella lontana primavera del 1963 proprio un pesco e un Cotogno da fiore. Infatti, fui inebriato dai suoi fiori smaglianti dal colore rosso corallo!
Purtroppo non mi resi conto all’epoca delle enormi difficoltà che avrei incontrato nello scegliere proprio un pesco, soggetto com’è alle malattie come la “bolla del pesco”, la “gommosi” ed altre patologie. Ben diverso sarebbe stato se avessi scelto per esempio un melo, la cui fioritura è seconda solo al pesco con la sua gamma di colori bianco-rosati.
Ciò nonostante e senza nessunissima esperienza, il pesco è vissuto sempre in vaso per ben 34 anni, passando a miglior vita nell’autunno del 1997 a causa delle ife tumorali che si erano propagate in tutte le sue ramificazioni. Conservo comunque il pesco ed è esposto su delle mensole all’entrata del giardino fra alcuni dei miei trofei, poiché lo considero come una reliquia. Mentre il cotogno (Chaenomeles japonica), fortunatamente gode ancora ottima salute, e quest’anno alla Mostra-Congresso UBI 2012 ad ARCOBONSAI è stato esposto in uno spazio a me dedicato così, migliaia di persone l’hanno potuto ammirare.
Armando Dal Col con il pesco visto nel 1973.
Ecco il Pesco ripreso un anno prima che spirasse e poi la sua reliquia.
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E poi il Cotogno da fiore fotografato nel 2012.
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2. Leggendo di te mi hanno colpito i tuoi inizi, ti sei inventato “gli alberi in vaso” ignorando l’esistenza del bonsai dall’altra parte del mondo. Ci puoi raccontare come hai avuto questa intuizione?
Il mio approccio con il Bonsai era dovuto probabilmente al mio DNA per il mio carattere romantico; da ragazzo, infatti, mi piaceva ammirare gli alberi fioriti in primavera, ed allungando un braccio vedevo l’albero proiettarsi sul palmo della mia mano. E fu così che mi nacque l’idea di creare un albero in miniatura che potesse vivere in una ciotola da tenere fra le mani.
3. Fermo restando che le difficoltà incontrate da te, Giorgi, Franchi e gli altri, pochi, storici pionieri, siano ai più note, mi piacerebbe che ci raccontassi quello che è stato il nostro big bang, l’inizio di tutto a partire da quel famoso pesco. Cosa vi ha fatto superare tutti gli ostacoli che vi siete trovati di fronte, come avete fatto a non desistere?
Fortunatamente con la prima EUROFLORA di Genova del 1966 che viene riproposta ogni cinque anni, ebbi l’opportunità di leggere un articolo di questo grande evento. L’articolista annotava che fra le novità e le cose più interessanti da vedere c’erano degli alberi in miniatura coltivati nei vasi, esposti dai giapponesi, ma non geneticamente nani, bensì creati artisticamente dall’uomo! Quasi sobbalzai leggendo questa notizia, allora si può fare! -commentai fra me-, ma quando cominciai a chiedere in giro nessuno ne sapeva niente. E fu così che scrissi alla redazione della rivista per avere qualche spiegazione, ma la risposta fu deludente; infatti mi risposero che la tecnica applicata agli alberi in miniatura, con tutta probabilità, doveva trattarsi di una delle arti marziali!
E così dovetti “accontentarmi” -ancora una volta- ad osservare la natura per carpirne i suoi segreti nei suoi molteplici aspetti. Nel 1968 entrai in possesso di un piccolo manuale appena pubblicato dall’Edagricole: Bonsai pratico per principianti di Kenji Murata. Era la prima volta che conoscevo la parola Bonsai! Ma fu SOLO nel 1978 dopo aver letto un articolo sul Bonsai in una rivista di giardinaggio scritto da Carlo Oddone di Torino, che appresi dell’esistenza di altri appassionati, il quale ci invitava ad incontrarci. Mi misi subito in contatto e così andai a trovarlo a casa sua. Lui conosceva altre sei sette persone in Italia appassionate di Bonsai e, fra queste, Gianfranco Giorgi di Firenze che incontrai successivamente, e fu proprio grazie a Gianfranco col suo grande entusiasmo che mi coinvolse maggiormente, destando in me quella scintilla che ha fatto scattare il big bang . Infatti, per ben 18 anni sono stato completamente isolato senza conoscere nessuno che ne sapesse qualcosa, poichè il mio unico Grande Maestro è stato la NATURA!
4. Facciamo un salto di qualche decina d’anni, cosa ti piace e cosa non ti piace del bonsai odierno?
In questi decenni, il Bonsai italiano si è evoluto notevolmente grazie alla conoscenza, alla maggiore informazione e, soprattutto, alla scelta dei materiali di partenza. Come sono lontani quei tempi quando partivo anche dal seme. Oggi giorno, si notano dei Bonsai che sembra abbiano subito quasi tutti dei grossi traumi dovuti per lo più da “ipotetici colpi di fulmine” per ridurne le dimensioni. Ma, ahimè, dove sono finite le proporzioni dei rami rispetto alle dimensioni del tronco!?
5. Ti faccio una confessione, sfogliando le pagine del tuo sito sono rimasto ammirato dalla foto della tua betulla. Quattro decenni passati assieme, quattro decenni di cure quotidiane. Cosa si prova a condividere più di metà della propria vita a prendersi cura di una pianta?
La storia di questa betulla fatta da seme nata nella primavera del 1966, inizia ad essere documentata con la prima foto nel febbraio del 1971, quando decisi di dargli una forma ispirandomi alla Sophora japonica tortuosa. Purtroppo, la totale mancanza di informazioni sulle tecniche bonsaistiche, -se non quelle da me sperimentate-, non mi avevano aiutato a conoscere le esigenze della betulla che mal sopporta ad essere modellata e frequentemente potata grazie alla sua vigoria, abbandonando facilmente dei rami per ritiri di linfa. Ciò nonostante le difficoltà incontrate -e che incontro tuttora- è la consapevolezza di accettare questa disciplina del Bonsai che è calma ma severa, e vivere in armonia con le leggi della natura.
La betulla nel 1971 con Armando.
Armando sembra dialogare con la Betulla. E come non potrebbe essere dopo 45 anni di vita trascorsi insieme?
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La Betulla vista nel 2012 dopo i traumi di un inverno molto severo.
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6. Il tuo giardino museo bonsai della serenità è meta di migliaia di persone, a parte il naturale interesse degli appassionati, qual’è l’atteggiamento che hanno i semplici curiosi nei confronti delle tue piante?
Quello che percepisco nelle persone che visitano il mio giardino bonsai è il loro atteggiamento mentale in un totale “abbandono” dai problemi della vita; qui sembrano essere soggiogati dall’atmosfera rarefatta che emana il museo con i suoi Bonsai. I Bonsai, non semplicemente esposti, ma inglobati nel verde quasi fossero un tutt’uno; divengono così un luogo di riflessione, di meditazione, di ricreazione, di diletto. Ed è per questo che provano una grande serenità in presenza di queste piante.
Foto di visitatori “normali”.
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7. Torno all’Armando Dal Col pioniere. Che sensazioni provi nel pensare che il bonsai italiano deve a te una buona parte di quello che è oggi?
Armando con il cappello d’alpino.
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Mi piace pensare di lasciare una traccia della mia esistenza poiché la vita di un uomo è talmente effimera che scompare al primo soffio del vento. Per passare ai posteri ho SOLO la certezza del mio nome che resterà per quello che ho fatto, se qualcuno vorrà ricordarmi.
8. Armando, nei tuoi viaggi in Giappone, che influenza hai avuto dal mondo nipponico?
Sicuramente l’estrema cura dei giardini Bonsai giapponesi e quelli dei templi, tutti estremamente curati fino all’ossessione, dove ci si sente coinvolti in un’atmosfera rarefatta intrisa di filosofia Zen.
9. Compagna di vita e discepola, fondamentale sembra il ruolo di tua moglie Haina con la quale formate un binomio unico e di assoluto valore, ma poco si sa dei suoi inizi. Prima di conoscerti era già parte di questo mondo?
Nel mio primo viaggio nelle Filippine avvenuto nel dicembre del 1986 ero stato invitato da Serapion Metilla, sicuramente il leader del bonsai nelle Filippine. Dopo aver svolto alcune dimostrazioni fra i maggiori collezionisti, volli avventurarmi fra le isole dell’arcipelago come un semplice turista. Grazie alla guida di amici filippini incontrati lì, conobbi Haina dove fui il primo europeo a metterci i piedi nella sua isola. Mi colpì particolarmente la dignità di Lei e della sua famiglia pur essendo di una povertà assoluta. Haina saltuariamente lavorava a Manila facendo anche la guida turistica. Pur conoscendo i Bonsai non si era mai avvicinata, poiché prediligeva coltivare le orchidee. dal nostro breve incontro nacque una tenue amicizia che ci permise di frequentarci per un certo periodo e, in febbraio del 1987 nel giorno di S, Valentino ci sposammo a Manila. Werther Paccagnella che sicuramente molti di voi lo avranno conosciuto, anche se non visto (Fu anche Presidente dell’Associazione Italiana Bonsai), è stato un po’ il promotore del mio viaggio nelle Filippine, e quando seppe che mi sposai con una filippina espresse il desiderio di farmi da testimone di nozze, ed io ne fui immensamente grato. Giunti in Italia, Haina fu colpita dalla mia collezione di Bonsai e, a poco a poco se ne innamorò seguendomi nelle cure quotidiane, afferrando le varie tecniche da me usate. La mia fama incontrastata è cresciuta grazie anche -e soprattutto- alla preziosa collaborazione di Haina, divenuta discepola appassionata e silenziosa, dotata di un grande entusiasmo e di un intenso amore per la Natura.
Il nostro matrimonio nelle Filippine.
10. Innumerevoli sono i riconoscimenti avuti dalle maggiori associazioni mondiali, ma qual’è quella che ti ha dato maggiore soddisfazione?
Sicuramente i riconoscimenti avuti dalla Nippon Bonsai Association che è la massima autorità mondiale è molto importante, e così pure la profonda stima che colleghi e semplici amatori hanno nei miei confronti.
11. Ti capita spesso di essere membro di giurie, visti da dietro la “cattedra” come giudichi i bonsaisti italiani?
Vedo con particolare interesse che ci sono diversi giovani artisti degni di nota con i quali non esito confrontarmi. Purtroppo i ritmi frenetici di quest’ultima generazione che vuole tutto e subito fa dimenticare gli aspetti fondamentali che impone la disciplina del Bonsai.
12. Come frequentatore del nostro forum, ho spesso modo di apprezzare i tuoi interventi e sopratutto i suggerimenti ai meno esperti. A questo proposito ti chiedo quanta voglia di imparare dai più esperti vedi tra le nuove generazioni. Secondo te non c’è poca umiltà tra i neofiti?
Sicuramente molti di questi giovani “affilano gli artigli” per farsi strada fra di loro, dimenticando che non è sufficiente saper impostare bene una pianta. Ed è proprio in questo contesto che taluni “peccano” di umiltà.
13. Visto che hai attraversato tutti i cambiamenti dell’associazionismo in Italia, ti chiedo come giudichi l’attuale situazione. Quali le criticità e quali i punti di forza del sistema italiano?
L’associazionismo in Italia è sicuramente all’avanguardia rispetto a molti paesi nel mondo, solo che noi italiani “pecchiamo” troppo di individualismo ed è questo che ci danneggia. Uniti, penso che daremo del filo da torcere ai giapponesi stessi, poiché, anche se eccelsi nella loro arte, non tutti quelli che hanno gli occhi a mandorla ci possono oltraggiare. Ecco perché l’associazionismo legato ad una associazione sana che rappresenti l’Italia come la nostra amata UBI diventerebbe imbattibile.
14. Prima di chiudere una domanda d’obbligo, visto che hai lavorato con le essenze più disparate, ce n’è una che ti da una soddisfazione particolare?
Fra le conifere prediligo il larice poiché esprime le sensazioni di una caducifoglia, la quale muta il suo aspetto nel lento fluire delle stagioni. E poi come potrei non soffermarmi sul faggio, così potente da captare la vita che pulsa sui rami ancora spogli!
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15. Nel ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato, ti chiedo un saluto per i nostri lettori.
Ringrazio prima di tutto Giuseppe Monteleone per l’intervista fattami, e ringrazio soprattutto l’amico Emilio Capozza presidente dell’UBI per aver avuto il pensiero di iniziare proprio con me la serie di interviste dei vari personaggi del Bonsai. Un mio pensiero lo dedico infine a tutti i lettori; e per la pazienza con cui leggeranno questa intervista dedico una mia breve poesia legata alla natura.
IL MIO RAPPORTO CON LA NATURA
E’ bello sentire
il vento addolcito
dai fiori dei verdi pascoli.
E come foglie, mi lascio cullare dal vento,
sgusciandomi dal mio essere materiale,
per recarmi ad un appuntamento nell’Azzurro.
Armando e Haina Dal Col ripresi in estate del 2016 all’entrata del loro
Giardino museo Bonsai della serenità.
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親方 Oyakata Bonsai Master Armando Dal Col
Giardino museo Bonsai della serenità
静けさの庭の盆栽美術館とハイナアルマンド・ダルコル
“SEI WA BONSAI EN” Armando e Haina Dal Col
TARZO (TV) 31020 Via Roma, 6 Italy
TEL. +39 0438 587265 Cell. 349 370 8802
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Mail: armando.haina.dalcol@gmail.com
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