Fagus sylvatica; dopo 25 anni di coltivazione è stato modificato lo stile definitivo di questo faggio: Fukinagashi (ventoso, spazzato dal vento).
Testo e foto di Armando Dal Col
Raccolsi questo faggio nel 1987 in un pascolo montano. La pianta era un piccolo ceppo con un secondo tronco alla base, ma con una vistosa cicatrice sulla parte bassa del tronco dovuta sicuramente allo zoccolo di un cavallo o dalle mucche che pascolavano abitualmente in quel luogo. E per questo calpestio casuale parte del tronco e della base della pianta era un po’ “massacrata”; decisi comunque di raccoglierla. Per diversi anni il faggio non ricevette un’impostazione vera e propria, se non quella di farlo sviluppare e infoltire il più possibile. All’inizio lo trapiantai in una cassetta di polistirolo, trasferendolo in un secondo momento in una sorta di lastra concava che feci con sabbia e cemento, successivamente lo trapiantai in un vaso di plastica per offrirgli una maggiore quantità di terreno alle radici.
Nel corso degli anni anche la base del secondo tronco iniziò a rinvigorirsi sempre più malgrado fosse stato successivamente capitozzato, tanto da sviluppare un secondo alberello ben ramificato e, verso la fine di novembre del 2012 decisi di impostare la pianta nello stile ventoso mantenendo quasi tutti i rami.
Ciò che maggiormente colpisce lo stile ventoso è un Bonsai che potrebbe rappresentare in un albero un’indicazione di contro-equilibrio o di antigravità, a causa delle fronde mosse dal vento. Il Bonsai nello stile ventoso o “Fukinagashi” è senza dubbio una delle più drammatiche rappresentazioni della natura, è l’evocazione d’ambienti difficili dove regnano costanti i forti venti tipici delle coste scoscese, dove i tronchi degli alberi assumono forme arcuate, e così sono evidenti dei rami spezzati e parti denudate del tronco. E come non rimanere “turbati” nel vedere gli alberi piegarsi sotto l’infuriare dei violenti temporali estivi alimentati dai forti venti che possiamo tranquillamente vedere anche nelle città o nelle campagne. Infatti, sono proprio queste le occasioni che ci permettono di osservare gli alberi e specialmente le latifoglie sottoposte all’infuriare della tempesta. L’insieme dei rami con le voluminose fronde assumono un’unica direzione sospinti in continuazione da forti raffiche di vento in un movimento ondulatorio. E sono proprio le latifoglie rispetto alle conifere che trasmettono angosciosi momenti, ma anche “ammirazione” assistendo impotenti nostro malgrado alle forze della natura. Terminato il violento temporale, le latifoglie riassumono il loro aspetto naturale. Ecco perché non è facile mantenere visibile questo stile, specialmente quando una latifoglia è in piena vegetazione.
Ed ora passiamo alle immagini nelle varie fasi di lavorazione del nostro faggio, iniziando da alcune foto in bianco e nero quale documentazione storica.
Foto 1. Anno 1990, il faggio era stato raccolto nel 1987 ed ha iniziato a rinvigorirsi notevolmente. Con la fresa applicata all’albero flessibile perfeziono la grossa ferita alla base del tronco provocata con tutta probabilità dal calpestio delle mucche.
Foto 2. Una potatura leggera alle fronde del faggio.
Foto 3. Il secondo tronco assumerà le sembianze di un alberello.
Foto 4. Mia moglie Haina pur non avendo ancora sufficiente esperienza con i Bonsai, Interviene potando alcuni rametti.
Foto 5. Haina ha dimostrato fin da subito l’interesse ad apprendere la tecnica e la filosofia del Bonsai, ispirandosi a Madre Natura.
Faggio foto 6. La pianta dopo alcuni anni di permanenza nella piccola cassetta di polistirolo la trasferii in questa lastra di pietra. Purtroppo le restrizioni in cui si trovava l’apparato radicale del faggio, aveva fatto sì che il secondo tronco subisse un grave colpo di secco rischiando la sopravvivenza della pianta stessa, così decisi di capitozzarlo.
Foto 7. Il faggio visto nel 2000 quando è stato rimosso dalla pietra per essere trapiantato in un contenitore da coltivazione.
Foto 8. Il faggio visto nel 2001. Dopo un anno dal trapianto è stato messo un robusto tirante a vite per verticalizzare la cima del tronco. Questa operazione avrei potuto evitarla pensando subito allo stile ventoso!
Foto 9. Marzo 2002, eseguo una prima impostazione dei rami.
Foto 10. Marzo 2003.
Foto 11. Il faggio nel 2004, in primo piano la vistosa cicatrice alla base del tronco.
In questa immagine viene evidenziato il secondo tronco munito di una discreta ramificazione, il quale sembra sorretto da un “pilastro” che in realtà è una radice cilindrica sviluppatasi verticalmente. All’epoca del calpestio delle mucche questa radice non era visibile superficialmente.
Foto 12. Marzo del 2005, sono state perfezionate le parti morte della pianta trattandole con il liquido per jin.
Foto 13. Il faggio è stato ripreso con l’avvenuta ripresa vegetativa.
Foto 14. Novembre 2012, decido di modellare il faggio nello stile ventoso.
L’attrezzatura è pronta, la prima cosa da fare è liberare la ramificazione dalle foglie ormai secche ed imminenti alla caduta.
Foto 15. Il faggio verrà fotografato da tutti i lati, questo permetterà di vedere la struttura della pianta a 360°.
Foto 16. Il faggio visto da un fianco laterale.
Foto 17. Un possibile fronte.
Foto 18. Roteando la pianta si riesce meglio a individuare la scelta del futuro fronte,
e questo sembra il più idoneo in quanto evidenzia lo shrarimiki naturale e una base ampia della pianta, per cui questo sarà il fronte A.
Foto 19. In questa foto, il tronco secondario del faggio sembra appeso sulla fiancata del tronco.
Foto 20. Si continua con la rotazione della pianta.
Foto 21. Questo potrebbe essere il fronte B.
Foto 22. La porzione scheletrica di un vecchio ramo.
Foto 23. Lo sharimiki provocato da una zampata di una mucca è quanto di più naturale ci si potrebbe aspettare!
Foto 24. Haina è in attesa di mettere il filo alla pianta.
Foto 25. Le foglie sono state tolte, così è più facile procedere sia con la fresatura che con l’applicazione del filo.
Foto 26. La fresa inserita nell’albero flessibile mi permette di lavorare con una maggiore precisione, modellando lo sharimiki.
Foto 27. Quando si usano frese di maggior diametro è preferibile usare la smerigliatrice elettrica che permette di premere con una maggiore pressione.
Foto 28. La parte morta è stata asportata arrivando fino al legno vivo.
Foto 29. Terminata la fresatura la pianta è stata abbondantemente lavata per eliminare gli scarti della lavorazione, dopodichè ho applicato il liquido per jin sulle parti morte lavorate.
Foto 30. Una leggera rotazione in senso orario evidenzia la base leggermente più ampia.
Foto 31. Inizio ad applicare il filo.
Foto 32. Le fronde mosse dal vento di una latifoglia evidenzia molto bene lo stile ventoso.
Foto 33. In questa stagione (25 novembre) i rami sono meno flessibili e facili alla rottura, per cui è necessaria una maggiore attenzione con l’applicazione del filo.
Foto 34. Haina interviene per applicare il filo al resto dei rami e rametti.
Invece di proteggere la corteccia con la rafia preferisco proteggere il filo applicando il nastro adesivo di carta; è un lavoro lungo e minuzioso avvolgere il nastro sul filo!
Foto 35. La delicatezza delle mani femminili danno una maggior sicurezza nell’avvolgere il filo sui rametti sottili senza causare danni.
Foto 36. Tutti i rami e rametti sono stati avvolti con il filo. Ora inizia la fase di modellatura nello stile ventoso.
Foto 37. Rami e rametti sono direzionati come se fossero sospinti da forti raffiche di vento.
Foto 38. Il lato B o secondo fronte possibile.
Foto 39. Il lato sinistro della pianta.
Foto 40. Il fronte scelto del faggio o lato A.
La prossima primavera verrà effettuato il rinvaso trasferendo il faggio in un vaso appropriato che valorizzi lo stile Fukinagashi, un contenitore pensato e creato da me.
Foto 41. Dicembre 2012. Copertura della base del faggio con il tessuto non tessuto, al fine di offrirgli una parziale protezione invernale.
Foto 42. Marzo 2013, il faggio è stato rimosso dal vaso di plastica per affrontare il rinvaso.
Foto 43. Si inizia con la rimozione parziale del terriccio dal pane radicale.
Foto 44. E’ necessario controllare attentamente il substrato radicale per verificare la quantità di radici che è possibile tagliare.
Foto 45. Si posiziona la pianta sulla pietra luna per verificarne l’effetto.
Foto 46. Sul fondo del contenitore è stato messo del terriccio adatto con l’aggiunta di humus più altri componenti.
Foto 47. In questa immagine, pietra luna e pianta inserita riproduce l’effetto di un ambiente severo dove gli alberi vengono plasmati dalla furia del vento.
Foto 48. Il rinvaso è stato completato creando nel contempo le tracce del paesaggio.
Foto 49. Entrambi i lati del faggio costituiscono un fronte ideale dettato dallo stile ventoso.
Foto 50. La primavera del 2013 piuttosto piovosa ha ritardato l’apertura delle gemme del faggio, per riesplodere con estremo vigore nell’arco di pochi giorni.
Foto 51. Eccolo infine fotografato nella nicchia del Tokonoma casalingo, dove saltuariamente espongo un Bonsai per essere maggiormente ammirato.
Foto 52. Agosto 2013, malgrado il caldo torrido di queste ultime settimane, il faggio mantiene la sua livrea di un bel colore verde pisello. Questo è dovuto in parte al mio stratagemma nell’usare un vaso supplementare per i miei Bonsai, così “i piedi” delle piante rimangono sempre al fresco.
Scusa tanto se ti faccio una domanda,ma io in una foto vedo che in un tokonoma il faggio sta in versione mancina di chi lo osserva, invece in altre parti sta’ a destra ;quale e’ il verso che tu scegli. A me piace molto che costei dopo tante sofferenze ha trovato tutte queste energie, la forzatura dello zoccolo io vedo che e’ abbastanza ampia,ma il punto di energia dove sta’ alla base o a destra della vegetazione.
Ma tu adesso non stai a ‘Neve’ con il giardino,adesso il fagus silvatyca dove sta.
e il Patriarca. come sta’,
ciao e scusa tanto Maestro.
Complimenti maestro un altro capolavoro si aggiunge alla lunga lista
Grazie Riccardo, a fine febbraio controllerò il tutto e, se necessario farò qualche piccola modifica alla ramificazione.