Picea Abies, Abete rosso chiamato “Trinità”.
cellulare +39 349 370 8802 homephone +39 0438 587265
La storia di questo abete ebbe inizio nel 1990 quando, grazie ad un mio amico-allievo decidemmo di recuperarlo fra le rocce insieme al “suo”. Cresceva stentatamente vicino all’ altro abete più vecchio e bonsaisticamente più attraente già adocchiato e parzialmente potato dal mio amico Fabio, il quale “fremeva” per poterlo recuperare senza danni per favorirne l’attecchimento. E per questo fui invitato per raccoglierli insieme.
Non fu facile espiantarli entrambi cercando di recuperare il maggior numero di radici con molti capillari; il “mio” aveva l’apice completamente secco con un solo ramo vivo diviso in due, mentre alla base cresceva appressato un vecchio ginepro completamente morto e con una porzione del ceppo scheletrico che decisi di trattenere. Le piante furono trasferite separatamente in voluminose casse di legno adeguatamente preparate, praticando delle stimolazioni ormonali sulle radici e sulla parte aerea per favorirne l’attecchimento.
E così avvenne per entrambi gli abeti, ma dopo una decina di anni quello di Fabio morì. Fu un grande dispiacere per entrambi, fortunatamente il mio, malgrado i numerosi interventi effettuati negli anni continua a regalarmi emozioni.
Ma perché l’ho chiamato Trinità? Negli anni quando decisi di prolungare lo shari sul tronco fino alla base perché diritto e poco attraente, sembrava “dividere” la pianta e, con il residuo del ginepro alla base del tronco, otticamente sembrava di ammirare tre unità distinte. Per enfatizzare l’habitat, pensai di costruire un contenitore artigianale creando un aspetto paesaggistico più suggestivo.
Sfortunatamente non ho delle foto iniziali dell’abete, e l’unica che ho rintracciato risale nel 2000 che riprende l’abete in un pregevole vaso giapponese. La sua immagine è già accattivante, infatti possiamo ammirare il tronco parzialmente denudato fino alla base della pianta, dove si erge la parte scheletrica di un ginepro. Ed è proprio da questa immagine che diedi il nome all’abete rosso chiamandolo “Trinità”.
Nella sequenza successiva delle immagini, vediamo l’abete nel 2011 nel nuovo contenitore. Le due aree verdi appartenenti al ramo a forcella si sono infoltite notevolmente, creando delle masse vegetative “oltre misura”.
Ora l’abete necessitava di una nuova rimodellatura delle fronde. Forse non tutti sanno che l’abete tollera poco il rame, ed è per questo che io preferisco proteggere il filo con il nastro di carta adesivo, quello comunemente usato dai carrozzieri e dagli imbianchini. Così facendo, invece di proteggere i rami con la rafia proteggo il filo con la carta!
Questo mio sistema, -più volte osservato e ammirato durante le mie lavorazioni in pubblico- permette una lunga permanenza del filo sui rami rispetto a “quello nudo”.
Nella terza fase della sequenza delle immagini avvenuta nel mese di agosto di quest’anno 2014 durante la rimozione del filo e della riduzione delle fronde, abbiamo notato così che la permanenza del filo è stata di tre anni.
L’abete rosso è stato ripulito dei rametti esili eliminando anche gli aghi all’ascella dei rami e rametti; è stato concimato generosamente con fertilizzante organico ricco di Humus e di Acidi Umici, nebulizzato con fitofarmaci polivalenti, potando accuratamente anche il “paesaggio”.
Buona visione.